domenica 16 ottobre 2011

Il principe

Inizia colorata e soleggiata, la manifestazione di ieri. Piazza della Repubblica comincia a riempirsi dalla mattina sino alle 14:00. Ci sono gli studenti che arrivano da Piazza Aldo Moro, organizzati e mascherati, che hanno preso l'"Onda" delle loro proteste e l'hanno gettata nel mare globale dell'indignazione. Ci sono le associazioni, i sindacati, altri studenti non organizzati, anziani, lavoratori, immigrati, attori travestiti da agenti di borsa che fingono di parlare al telefono in milanese perchè "investire in san pietrini è meglio che in asfalto", musicisti, professori, partiti, impiegati, professionisti, disoccupati, precari. Ognuno è sceso in strada per le proprie ragioni. Tutti, però, accomunati dalla rabbia e dalla stanchezza, dalla sfiducia verso le istituzioni politiche e finanziarie, dalla voglia di unirsi al grido delle altre 952 piazze del Mondo. United for a global change. Si respira chiaramente, almeno su Corso Cavour, la sensazione di far parte di qualcosa di più grande, che non per questo confonde i problemi del singolo in un unico calderone ma presta a ognuno una forza in più. Una forza globale
Si può riflettere su questo fino al Colosseo, sino a quando fumo e caschi neri distolgono l'attenzione dei manifestanti, e dei media, verso qualcosa di molto più particolare: black block e fumogeni, camionette della polizia che investono civili, ambulanze, lacrime, scontri. Su Via Labicana la gente inizia a correre e retrocedere. Nel percorso verso Piazza San Giovanni, dove il corteo doveva confluire, lo spirito della manifestazione va in fumo così come le macchine e i palazzi. 
Chi manifestava per l'indignazione è ora indignato per la manifestazione. 
C'è chi se ne va sconfitto e chi non vuole arrendersi e si spinge, nonostante le lacrime e lo spavento, fino alla piazza. Ma lì la guerriglia impazza. Ci sono black block e poliziotti, ci sono ultras prestati alla strada, c'è chi nella violenza ci si è trovato per caso e chi invece crede sia il mezzo adeguato per far sentire il proprio disagio e la propria rabbia contro la crisi, la povertà, il sistema economico mondiale, le banche, le istituzioni. Con il fine e la speranza, forse, di cambiare qualcosa. 
Uno striscione incornicia la lotta. Condannando proprio quel sistema, quelle banche e quelle istituzioni di far pagare il debito sovrano (fine) a chi non lo ha contratto (mezzo), recita imponente: "Il fine non giustifica i mezzi".

lunedì 22 agosto 2011

Uniti come un tandem. Bollenti come una mozzarella


Tagliatela tagliatela !!! Gridano i bambini per le strade di Bari vecchia quando li vedono passare. A chi lo gridano? A loro due: Luis e Mercedes. Due giovani dai muscoli forti, gli abiti sportivi, i sorrisi intensi, gli sguardi vivi. Cosa dovrebbero tagliare ? Un tandem. Da qualche settimana si aggira per i vicoli del borgo antico; da qualche mese, febbraio, tra le strade e i passaggi di tante città mediterranee. Da Cadiz a Marsiglia, da Alicante a Palermo, passando per Barcellona, Montpellier, Genova, Roma, Napoli.
Ma come poter separare ciò che deve unire ? Il tandem è il mezzo con cui Luis e Mercedes hanno deciso di unire il Mediterraneo. Due ruote che alla stessa velocità e con lo stesso ritmo possono congiungere i luoghi che attraversano così come fanno con chi pedala. Impossibile dividerlo, impossibile dividerli.

Li ho conosciuti tre mesi fa quando mi piombarono in casa, a Roma, in un piovoso pomeriggio di fine maggio. Li ospitai per qualche giorno senza sapere niente di loro, e poco a poco mi raccontarono la storia. Li accompagnai per un pò tra le strade di Roma.
Il nostro incontro fu per entrambi testimonianza di come l'appartenenza mediterranea della mia generazione stesse emergendo in varie forme diverse e in diversi punti del mare: avevo da poco scritto la mia tesi triennale su un progetto di cooperazione tra piccoli gruppi locali dei Paesi del Mediterraneo Orientale. Pensavo a come questo progetto potesse espandersi unendo a piccoli passi i popoli a nord e a sud del mare, a prescindere dall'appartenenza europea, africana o mediorientale.
A febbraio erano iniziate le rivolte nel mondo arabo che avevano dato voce a movimenti e sentimenti di popoli diversi che trascendevano le barriere e i confini nazionali. Ancora pensai che qualcosa si stesse muovendo.
Nello stesso mese Luis e Mercedes partivano, compiendo qualcosa a cui stavano lavorando già da due anni, pensando alla possibilità di riallacciare il filo della storia e della cultura mediterranea in modo semplice e a una nuova velocità. Non un progetto politico, ma una bici. Un mezzo di trasporto sostenibile che regala a chi lo conduce la velocità giusta per spostarsi e per osservare meglio ciò che accade intorno. Abitanti di una città, Siviglia, che da cinque anni ha fatto spazio a piste ciclabili e istituito un servizio di biciclette pubbliche con cui tutti possono muoversi, hanno legato al messaggio del mediterraneo quello della bicicletta. Hanno pensato che tutte le città e i suoi abitanti potessero essere più felici grazie alla bici.
Nei mesi in cui non sono riuscita a riportare quanto vissuto con loro nè a raccontare quello che stavano facendo, tre dei loro compagni di viaggio sono stati un pò più felici grazie alla bici: io ho iniziato a usarla, a non avere paura di affrontare il traffico, le salite e le strade dissestate di Roma. Ho scoperto la pista ciclabile del  lungo Tevere e insieme a essa un mondo di persone che già da tanto godono della capitale da una nuova dimensione. Nella casa che li ha ospitati due delle mie coinquiline hanno comprato una bici e adesso litighiamo per chi deve accaparrarsi la bianchi.
E mentre noi pedalavamo e riscoprivamo la nostra città a nuova velocità, il loro progetto è proseguito. Mentre i media hanno messo a tacere la voce di popoli ancora in rivolta e del loro messaggio rivoluzionario, quello evoluzionario di Luis e Mercedes ha continuato a diffondersi. Il rumore silenzioso del loro tandem ha attraversato altre case e altri luoghi.

Oggi li rincontro dopo questo tempo e li chiedo cosa sia successo in tre mesi. 
"In questi tre mesi ci siamo accorti che il Mediterraneo è più grande di quello che ci aspettavamo !". 
La grandezza è nell'ospitalità che continuano a incontrare in qualsiasi parte della costa; nel sentimento comune di una cultura europea che non conosce logiche nord sud ma si sviluppa orizzontalmente. Mi parlano non solo di tappe (Napoli, Reggio Calabria, Palermo, Agrigento) ma di persone simili, solidali, gentili, che accolgono con gioia il messaggio di pace e, perchè no, di lentezza. Mi parlano della biciclettata notturna a Palermo, che ha raccolto tutti gli amanti della bici per riscoprire di notte una città così trafficata di giorno. Mi parlano di un padre di Napoli che ha usato il tandem come mezzo per permettere al figlio disabile di muovere le sue gambe alla stessa velocità. Mi parlano di forme di accoglienza rurale e dei frutti della terra offerti loro da chi li ospitava. Mi parlano della sensazione strana di affezionarsi a una famiglia e sentire ogni volta di star lasciando casa.
Li vedo così abitanti permanenti di una casa che li e ci accoglie tutti.
Prendiamo un caffè sul mio/nostro lungomare di Bari/lungomare Mediterraneo con un'amica desiderosa di conoscerli.
Li interroga stupita e meravigliata.. Loro sono ormai abituati alla curiosità e al coinvolgimento della gente ma non smettono di raccontarsi. Si stanno preparando alla partenza perchè domattina alle sei lasceranno la famiglia per risalire lungo l'Adriatico, arrivare fino in Friuli e poi giù Croazia, Grecia, Turchia. Ci interroghiamo sul futuro. Riusciranno a riallacciare il filo anche in terre più lontane e tra popoli non latino ablanti ? Con curiosità e speranza guardiamo il mare, e tutti intimamente siamo convinti di sì. 
La nostra amica si fa scrivere una dedica sul fazzoletto del bar pur di avere testimonianza del loro passaggio. 

Proseguiamo la passeggiata verso Barivecchia per mangiare un panzerotto. Non ci riusciamo molto bene perchè la mozzarella è troppo bollente e i fili ci bruciano le mani. Luis (ormai per gli amici Gigi) e mia madre ridono e scherzano come sempre. Mercedes è un pò triste di partire. Io pure. Penso a Siviglia, dove sono stata fino al giorno prima, mentre loro esploravano la Puglia e conoscevano la mia famiglia. Sono dispiaciuta di non averlo fatto insieme. I vicoli del borgo antico si mischiano nella mente con quelli del Barrio dell'Alameda e di Santa Cruz. Non riesco a distinguere l'italiano dallo spagnolo e li sento abitanti della mia terra così come mi sentivo parte della loro. Riesco a sentire la consistenza del filo che ha allacciato l'Andalucia, la Puglia, tutti gli altri luoghi che ci sono in mezzo, e quelli a cui ancora deve arrivare.
Filante e bollente come quello della mozzarella.

lunedì 2 maggio 2011

Pellegrini & Rock'n roll



Roma, 1 maggio 2011, Stazione Termini.
Sono quasi le due di pomeriggio e le entrate della metro sono bloccate da un via vai di gente in ogni direzione. La Linea B, dalla Fermata Lepanto fino a San Giovanni, è un tripudio di lingue suoni e colori. Si sente parlare polacco, spagnolo, italiano, tedesco, inglese e francese; si osservano volti stanchi e sudati; si ascoltano insieme "Alleluia" e cori profani di giovani che si preparano ad affrontare un pomeriggio di musica.
La metro B, sporca e puzzolente, per un momento sembra essere il centro del mondo.
Che succede ?
Si è da poco conclusa la Beatificazione di Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. Un Milione e mezzo di Pellegrini ha riempito il Vaticano e le Piazze Limitrofe. Moltissimi i giovani che fin dalla notte prima, nella veglia al Circo Massimo, hanno reso omaggio a Wojtyla. Lo spirito rievoca le Giornate Mondiali della Gioventù da lui istituite: lui che ha sempre parlato ai giovani come canale privilegiato di un messaggio umano prima che cristiano ; che ha sempre incitato i fedeli a godere della bellezza della vita rimanendo giovani in spirito.
Dove vanno allora tutti i ragazzi che con magliette strappate e inneggianti a leader rock'n roll si spingono verso un altro lato della città ? Ripudiano il Trascendente ? Sicuramente si muniscono di mondani mezzi di divertimento: birra, vino, sigarette.
Sono molti di meno, circa duecentomila, e parlano tutti Italiano se non un marcato dialetto locale; non hanno fatto molta strada come i fedeli polacchi o sudamericani ma anche loro hanno voglia di aggregarsi e, in qualche modo, festeggiare.
Ma tra birre e sigarette forse il messaggio del Concerto del Primo Maggio può salvarli dalle fiamme dell'inferno: lavoro, storia, patria. Sul palco risuonano queste parole in ogni momento, cavalcando l'onda delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia e della sua Costituzione forse in modo più efficace.
Accompagnata dalla performance di Neri Marcorè, attivo e preparato nel presentare la maratona, la musica mescola e rinnova le note del sentimento nazionale, lo fa sentire ballare e cantare. Tra i sempre presenti Modena City Ramblers, Subsonica e Bandanardò, è il passato la vera novità. Eugenio Finardi reinterpreta l'inno Italiano in chiave rock; Gino Paoli canta "Va Pensiero" e Ennio Morricone riconcilia nella sua solenne "Elegia per l'Italia" i due brani da sempre contrapposti, e incanta il pubblico al calar del sole.
L'arte è protagonista. Le parole di Andrea Camilleri incorniciano la musica, silenziose ma efficaci nelle pause pubblicitarie. Attori e scrittori si cimentano nella celebrazione: Claudio Santamaria, Carlotta Natoli, Marco Presta e Sonia Bergamaschi recitano "Giro d'Italia in 150 secondi", celebrano l'Italia, quella che perde le partite di calcio come fossero guerre e le guerre come fossero partite; l'unico Paese al mondo in cui è nata prima la cultura e poi la nazione; l'Italia dei furbi, dei furbetti e dei furbissimi; quella che con 12 milioni di voti sceglie la Repubblica e quella dei premi nobel: l'Italia di Dulbecco, Povè, Nadda, Giacconi, Deledda, Carducci, Fermi, Pirandello, Fò, Povè, Modigliani, Quasimodo, Rubia, Segrè, Montalcini, Montale; che unisce al disordine, al cinismo e all'incompetenza il vivido sangue dell'intelligenza. L'Italia, "campione del mondo, campione d'Europa.. L'Italia campione d'Italia !!".
Urla applausi e grida arrivano dalla piazza !    
Tra la malinconia del passato e la tristezza del presente di chi come Daniele Silvestri non inneggia ma sbeffeggia lo stivaletto che si è rotto di abitare, tra la bellezza dell'arte e la rabbia di accorgersi che, come canta Caparezza reppando il dramma dei cervelli in fuga, Da qui se ne vanno tutti, raffiora solenne la speranza.
Se si perde quella negli strumenti della democrazia, nei rappresentanti politici, nei profeti dell'atomo e nei ladri dell'acqua, in chi ci fa credere che il precariato e la paura siano ciò con cui dobbiamo convivere a costo di andare via, il passato e la bellezza fanno sentire a tutti di meritarsi di meglio, in un'Italia a prova di credibilità anche nell'epoca in cui è "derubata e colpita al cuore" da chi calpesta la legge e sporca il buon costume.
"Viva l'Italia", insomma, "l'Italia che non muore". Sulle note di Dalla e De Gregori il giovane pubblico comincia a defilarsi anche se non vorrebbe, ma deve cercare il modo migliore per tornare a casa, per prendere l'ultimo treno nel caos di una giornata così lunga. Ma forse il buon Padre neo Beato li perdonerà se, finite birre e sigarette, porteranno con sè il messaggio che lui stesso qualche anno fa cercava di dare, quello che, tra sacro e profano, pellegrini e rock'n roll, la giornata di ieri sembra aver riconsegnato ai giovani dell'Italia e del Mondo: "Non avere paura".
La speranza nel futuro e l'impegno a renderlo migliore potrà salvarci dalle fiamme dell'inferno.

domenica 13 marzo 2011

Addà passà a nuttàt

Articolo 4: Lavoro e progresso

Articolo 9: Cultura

Articolo 21: Libertà di manifestare il pensiero

Articolo 33: Arte & scienza

Articolo 34: Scuola Pubblica


E' viva la costituzione ! Vive tra le righe dei suoi articoli. E' viva l'Italia ! Vive nella tradizione che è cultura. Nella cultura delle arti, delle scienze, della storia. Nella storia che si studia a scuola. Nella scuola che si dichiara aperta a tutti, pubblica, libera. Nella scuola che è democrazia.

Sembrano essere tutti sinonimi, questi, sul palco di ieri di Piazza del Popolo. Non perchè una parola valga l'altra, ma perchè tutte queste parole, insieme, esprimono la forza di un Popolo che è stato ed è molto più di quello a cui viene ufficialmente ridotto oggi. E per questo, visto che le storie di oggi sono ignobili e indegne, sono quelle del passato e dell'arte che fanno rivivere la Costituzione.

Ascanio Celestini parte dalla Primavera dei Popoli, dal 1848, l'anno delle grandi rivolte. Ricorda le prime, siciliane, e poi quelle parigine, toscane, ungheresi. Ricorda le Cinque Giornate di Milano e gli altri moti risorgimentali che portarono alla Costituzione della Repubblica Romana. Durata solo cinque mesi (9 febbraio / 4 luglio 1849), fu un banco di prova di nuove idee democratiche che sarebbero diventate realtà in Europa solo un secolo dopo: suffragio universale maschile, abolizione della pena di morte, libertà di culto, pubblica istruzione. "La Costituzione è la sua storia, non solo il testo ! E' il frutto di cento anni di lotte senza le quali non saremmo stati quello che siamo" E cosa siamo ?
"Tutto questo era per dire che non siamo un popolo di Bamboccioni, di Frallocconi !" risponde e conclude Ascanio Celestini.
Ma se 150 anni fa eravamo un'avanguardia europea oggi a Strasburgo gli eurodeputati, insieme alla risoluzione che chiede all'Ungheria di emendare la legge sui media per garantirne una maggiore indipendenza, esprimono preoccupazione per la situazione dell'informazione in Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, Estonia e.. Italia. Sì, Italia. "Trova l'intruso!" Ci chiede Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana. "Cosa ci fa un Paese fondatore dell'Unione Europea tra Stati che sono da poco usciti dal Regime Sovietico e lentamente si affacciano alla democrazia?".

Torniamo ancora una volta indietro per far sentire il peso stridente della tradizione. Nel 1860 il decreto legislativo 3725 del regno sabaudo rese pubblica la scuola di un Paese con analfabetismo maschile e femminile pari all'80% in media. Lo ricorda Marco Rossi Doria, "maestro di strada" napoletano. Ricorda che durante la Prima Guerra Mondiale i fondi alla scuola pubblica non furono tagliati. Oggi sembra di essere in guerra e mentre vengono tolti 8 miliardi di euro all'istruzione pubblica si finanziano gli enti privati e quell'istruzione che dovrebbe essere senza oneri per lo Stato..
Sarà mica l'avverarsi di una profezia ? Quella che  Piero Calamandrei pronunciava nel 1950 ? 
Ma gli italiani non si arrendono ! Non si arrendono gli studenti "Questo Paese non ci vuole ma noi non ci arrendiamo !" Grida Sofia, studentessa della Sapienza di Roma.
Non si arrendono i messaggeri di informazione: Maria Luisa Busi, che l'anno scorso ha tolto la sua faccia dal telegiornale Rai perchè non riusciva a lavorare senza pregiudizio per le sue convinzioni professionali. 
E' lei che grida "Basta dire basta ! Basta lo gridano le vittime sotto i colpi. Bisogna piuttosto fare delle scelte di dignità e di rispetto nella vita pubblica. Non bisogna avere paura e c'è chi non ha paura. C'è gente che fa scelte etiche e crede nei diritti, che non si svende e non svende ciò in cui crede, che rispetta chi la pensa diversamente. Iniziamo a dire chi siamo, cosa facciamo, difendiamoci, cambiamo, e rendiamo felice questo Paese !
Non si arrendono i messaggeri di cultura e gli artisti.
Se la cultura è l'identità di un popolo chi governa sembra preferire non un popolo, ma dei sudditi, possibilmente consumatori. E consumatori di quella televisione a basso sforzo cerebrale che tiene cittadini grandi e piccoli in casa, educati da Suo Maestro Lele Mora e da Uomini e Donne che, prima di entrare nei perversi salotti del potere, sono innanzitutto i modelli dei programmi di cui i sudditi, e i loro figli, si nutrono.  
Chi taglia i finanziamenti alla cultura e alla scuola dice che "dalla cultura non si mangia", ma intanto la cultura la sta divorando, sicuramente non l'ha mai mangiata e non sa che fa mangiare.. ("E fa anche digerire!", gridano dalla piazza !)

Ma quanto costa non arrendersi e resistere ? Quanto costa fare i conti con il passato, con la tradizione, con le responsabilità che ne derivano ? Non è più facile rimanere in silenzio perchè si ritiene, nel nostro piccolo, di essere onesti ? Credere che qualcun altro debba risolvere i problemi per noi, denigrare la nostra essenza così da non essere chiamati a rispondere del ruolo che rivestiamo nella società ?
Non è più comodo, guardare la televisione ?
Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, nel suo appello per la partecipazione alla manifestazione, scrive: "Prima che difesa, la Costituzione va vissuta e praticata. La democrazia è incompatibile con la pigrizia, l'adesione formale, il disinteresse, l'indifferenza. La democrazia chiede a ciascuno di noi di impegnarci quotidianamento perchè la dignità e la libertà di tutte le persone sia rispettata e alimentata. La Costituzione resta la più alta sintesi del linguaggio della democrazia e delle responsabilità che ci affida".


Enrico De Nicola e l'Assemblea Costituente nel 1947 hanno scritto "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". (Articolo 4, secondo comma.)
E' questo il messaggio e il compito che la piazza ci affida e ci fa sentire: vivere e praticare la costituzione come unico modo per difenderla. Proteggere la scuola in quanto tempio di storia, scienza, arte, cultura. Viver e far vivere la cultura in quanto messaggera di tradizione. Far progredire la nostra società anche nello spirito, mantenere in vita la nostra intima essenza, esserne all'altezza. Riaccendere la scintilla nella notte dell'anima.
"Che questa maledetta notte dovrà pur finire", canta Roberto Vecchioni sul palco. 
Per dirla con le parole di un Maestro "Addà passà a nuttàt".






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martedì 8 marzo 2011

Dio veste D & G


"Sono venuta qui per dirvi che sono Dio.

Perchè Dio è una donna. Sì, ma non una donna giovane, una signora di mezza età !

Ci siete rimasti male ?



Ma ci siete rimasti male più a sapere che Dio esiste o che è una donna ? O che è una donna di mezza età ?
Ci ho messo un pò per dirvelo, un'eternità. Eppure è un'eternità che sono Dio, ma ancora non mi ci abituo. UNA DONNA, ANCHE SE E' DIO, FA FATICA A CREDERCI !
Ma vi assicuro che sono Dio ! Esiste sempre qualcuno che con cinque televisioni e un ponte crede di essere in gara ma.. SONO IO DIO !
Poi è stato difficile scendere.. Cosa mi dovevoo mettere ?
In casa giro nuda solo con due gocce di Chanel.
Ma di questi tempi è difficile, bisogna stare al passo. E se il diavolo veste Prada, Dio cosa si deve mettere ?
Dolce e Gabbana ? Che poi, io, in quanto Dio, sono come l'Universo: tendo a espandermi !
E poi vene varicose, rughe, rughe eterne. ALL'ETERNITA' NON C'è RIMEDIO.
E voi essere umani che prendete tutto seriamente ! Quando vi ho creati ho pensato QUESTA VITA CHE VI DO, GODETEVELA ! Perchè tanto (e vi ho fatto un grosso regalo) NON SARA' ETERNA !
E invece no, voi vi attaccate, vi attaccate alle cose, vi attaccate tra di voi, vi attaccate a tutto! Siete degli attacconi, degli ACCATTONI! E fate dei casini!
E poi sempre ad aver PAURA. Paura di che ? Dei gialli, dei neri, della fine del mondo !!
Ma io non posso farci niente, non potete chiamarmi in causa: ho cose più importanti a cui pensare, come.. l'Universo !
MA VOI IN QUESTO UNIVERSO SIETE I PIU' STRONZI DI TUTTE LE GALASSIE ! "

Emanuela Grimalda, ovvero, Una donna che si crede Dio.

ROMA, Manifestazione per le donne "Se non ora, quando". Piazza Vittorio.


..continua..

martedì 1 marzo 2011

Black Drawings

Marlene Dumas, Black Drawings.
De Pont Museum of Contemporary Art, TILBURG NL


Oggi camminavo per le strade di Roma in cerca di un venditore di ombrelli ambulante per ripararmi dalla pioggia battente. Non sono riuscita a trovarne nemmeno uno. Sembrano essere sempre lì dietro l'angolo appena la prima goccia minaccia di cadere, sembrano possedere un qualche segreto metereologico perchè sono per strada ad aspettarti prima che inizi a piovere.

Ma oggi, Primo Marzo 2011, non ci sono. Oggi, Primo Marzo 2011, è una giornata senza di loro. Senza di loro e senza tanti altri stranieri che decidono di scendere in Piazza per mostrare la loro forza, e gli effetti della loro assenza in un normale pomeriggio lavorativo. Stranieri non perchè immigrati ma perchè estranei al clima di razzismo che avvelena l'Italia. Al 19 febbraio risale l'ultimo eclatante episodio di intolleranza e violenza. A Palermo muore un venditore ambulante che, con tanto di permesso di soggiorno (e licenza di bancarella) vede il suo lavoro giornalmente ostacolato. I vigili, dopo una serie di verbali e intimazioni, gli sequestrano la merce. Noureddine Adnane, questo il nome del venditore marocchino, decide così di cospargersi di benzina, un episodio simile a quello che ha scatentato la prima ondata rivoluzionaria in Tunisia, i primi di gennaio.

A Noureddine Adnane è dedicato il corteo di oggi.
Nel corteo siamo tutti stranieri, allora, "siamo tutti clandestini", gridiamo ! Uniti contro il problema del lavoro, della disoccupazione, che accomuna autoctoni e non; uniti contro un clima di paura in cui gli episodi di violenza, se commessi da immigrati, vengono strumentalizzati per rilanciare politiche di espulsione. Dallo stupro di una ragazza ad opera di tre somali, all'espulsione di una comunità di 25 sfollati dal luogo dove è avvenuto il fatto, l'Ambasciata Somala vicino Porta Pia.
Uniti per dire no all'assimilazione del lavoro dei neri a lavoro nero. ("NO AL LAVORO NERO!")
Uniti per chiedere una disciplina diversa che regoli l'ottenimento del permesso di soggiorno, sia per quanto riguarda i requisiti necessari, sia per le intricate e insuperabili procedure burocratiche. ("PERMESSO PER TUTTI!").
Uniti come lo eravamo l'anno scorso, nella prima edizione dell'iniziativa , accolta con entusiasmo e partecipazione.
Uniti contro gli stessi problemi e ancora di più in quanto popoli mediterranei, quest'anno battezzati dalla pioggia, e preceduti dalla tempesta che sta facendo riemergere le coste dimenticate nelle cartine europee e mondiali. 
La pioggia continua a scendere ma tutti con le scarpe inzuppate continuano a camminare, urlare, manifestare! Da Piazzale Aldo Moro fino a Piazza dell'Esquilino: studenti, comitati, associazioni, lavoratori, stranieri, con o senza documenti ! Per esprimere solidarietà ai fratelli che si sono rivoltati dalle coste nordafricane, a coloro che stanno raggiungendo quelle italiane, a coloro che vengono massacrati, muoiono e gettano il sangue in questi giorni in Libia per mano di un vecchio dittatore !
Uniti, allora, contro tutti i dittatori, per tutti i popoli oppressi, per quelli che si sentono stranieri prima di tutto in casa propria, e per questo sono costretti a migrare. 

E allora "Libia Libera!", esclamiamo tutti, "Tunisia libera!", "Algeria Libera!", "Nigeria Libera!", "Africa Libera!", "Palestina Libera !", GRIDIAMO, "Kurdistan Libera!"

"E tu di dove sei?" "Costa d'Avorio".. "Costa d'Avorio Libera!"

"E tu di dove sei?" "Mali".. "Mali libera!"

"E tu?" "Italia".. "Italia Libera!"

Prossimo appuntamento romano Sabato 12 Marzo, ore 14:00 a Piazzale Ostiense per un presidio solidale davanti al Centro di Identificazione e Espulsione (CIE) di Ponte Galeria !



domenica 13 febbraio 2011

ORA!


Stasera ho scritto un piccolo articolo sulla giornata appena trascorsa, 13 febbraio 2011. Scrivo per una testata on line pugliese e fortuna ha voluto che fossi a Bari, città di nascita, e non a Roma, città di studio. Ho cercato di descrivere come Bari ha risposto all'iniziativa di mobilitazione nazionale "Se non ora, quando" in poco tempo, dati i tempi e le esigenze di pubblicazione. Purtroppo il finale del mio breve articolo è stato modificato per tali esigenze, e questo non mi è piaciuto: mi ha lasciato impotente di fronte al fatto compiuto.
Ho scoperto questa sensazione non molto diversa da quella provata stamattina passeggiando con i miei concittadini nel silenzioso corteo barese, la stessa che ha animato l'articolo, la stessa che provo quando mi imbatto nel mezzo televisivo. E' la stessa sensazione che provo quando entro nel centro estetico del quartiere popolare (rione Madonnella) in cui vivo a Bari, e nel negozio di vestiti per teen ager del quartiere borghese (Parioli) in cui vivo a Roma. Ciò che hanno in comune sono l'appiattimento culturale delle fanciulle che li popolano, la loro volgarità e il loro sembrare molto simili a modelli televisivi non troppo dignitosi. Sembrano non pensare e avere lo sguardo spento. Nè poter reagire. Ecco cosa genera impotenza.
Proprio questa tremenda sensazione e la voglia di combatterla mi ha spinto a iniziare un blog in cui scrivere quello che sento senza che nessuna esigenza, se non quelle di verità, coerenza e divulgazione, possa modificare la forma e il contenuto dei miei pensieri.

Di seguito riporto l'articolo nella sua versione autentica:

"Il futuro è nelle Piazze del Mediterraneo", recita uno striscione tenuto da due bambini in Piazza del Ferrarese. Di fronte allo stesso mare che bagna l'Egitto, anche a Bari si cerca di scacciare via un dittatore. Non è Mubarak, ma qualcosa a che fare con lui ce l'ha: la sua pseudo nipote Ruby. Per il caso Ruby e per quello che rappresenta hanno manifestato oggi donne e uomini d'Italia: la strumentalizzazione del corpo della donna, lo scambio di incarichi e potere con prestazioni sessuali come pratica ufficializzata di concorso pubblico.
Alle 10:30 i cittadini baresi si sono riuniti in Piazza Prefettura. In seguito un corteo spontaneo ha attraversato via Sparano fino alla Stazione ed è tornato verso Piazza del Ferrarese. Un corteo silenzioso e placido, senza musica, con qualche striscione e nessun cartello politico come previsto anche nella altre 229 città Italiane. Secondo la questura a partecipare sono state tremila persone. Presenti alcune cariche istituzionali in veste informale, tra cui il Sindaco Emiliano e qualche Assesore.
Più che un corteo, sembra una passeggiata della domenica un pò più organizzata. Fanno sorridere gli striscioni dei comitati delle donne e delle associazioni, sono interessanti i discorsi della gente, tutti sono d'accordo con tutti, quasi ci si compiace di quanto all'unisono crediamo che quello che stiamo vivendo sia sbagliato, come se è questo ciò che può cambiare le cose: "Belusconi deve dimettersi e non si dimetterà"; "Ci stanno rubando soldi dignità e cultura"; "Mi vergogno del mio Paese", mormora la gente. Ma a cosa serve il compiacimento silenzioso? Tutto questo dovrebbe essere urlato e gridato con passione e disperazione, e in una manifestazione di tale portata la città aveva bisogno di palchi, musica, rumore, discorsi urlati, strumenti di sensibilizzazione che arrivassero anche ai balconi di chi in casa guardava la televisione. Chi manifesta dovrebbe capire che quelli che rimangono a casa non sono avversari di una lotta politica, ma perdite, colpi amari e dolorosi alla realizzazione del bene.
Ma all'una circa tutti si dileguano felici della passeggiata mattutina come se niente fosse avvenuto, forse se ne discuterà a pranzo di fronte all'agognata braciola prandiale. In molte altre città Italiane, intanto, fervono i preparativi: tutto deve ancora iniziare, rigorosamente urlato e cantato. E' da Piazza Castello di Milano che Il Presidente Nichi Vendola descrive questa come "una giornata speciale, un colpo mortale per il berlusconismo", dimenticandosi che la sua Italia migliore, e il suo mandato, partono dalla Puglia.
Non sappiamo quale sarà l'effetto della giornata di oggi sulla situazione contro cui ha cercato di protestare, ma è il minimo indispensabile che le cittadine e i cittadini Baresi possono fare per dare un contributo significativo alla mobilitione generale. Se non ora, quando?

Questo il link dell'articolo pubblicato e modificato.


La differenza è piccola ma per me essenziale. 
Se quella di oggi è una data storica, solo la storia potrà dirlo. Per Bari credo che non lo sarà. 
Proprio per questo avrei voluto trasmettere ai miei concittadini la stessa sensazione di impotenza e sperare che anche uno solo di loro riflettesse su quanto è importante non passeggiare, ma correre, agitarsi, agire! non parlare, ma urlare! non fermarsi allo scambio di pareri con chi frequenta lo stesso ambiente e matura pensieri simili, ma confrontarsi con chi la pensa diversamente o ancora peggio (/meglio) con chi non pensa.